Al signor sindaco del comune di Priolo
dott. Pippo Gianni
Al signor sindaco del comune di Melilli
Giuseppe Carta
Al signor sindaco del comune di Siracusa
dott. Francesco Italia
Al signor sindaco del comune di Augusta
avv. Cettina Di Pietro

A seguito della proposta, insostenibile, apparsa sui giornali e sui social, fatta dall’ex candidato sindaco di Priolo, Cristian Bosco, consistente nella riconversione della Cogema in un termovalorizzatore, dichiarando anche che l’inceneritore di Torino non è impattante dal punto di vista della salute, ho il dovere ma anche il sacro santo diritto di dire la mia e prendere posizione in merito.
Per evitare il pericolo che qualche sprovveduto possa solidarizzare con il proponente, sono stata costretta, anche perché ne ho le competenze, a rispondere con una ricerca che qui di seguito pubblico, proprio sull’inceneritore di Torino, che l’amico Bosco propone come fosse la panacea per lo smaltimento dei rifiuti a danno zero per la salute della popolazione del quadrilatero industriale Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa. Vengo al dunque.
Uno dei principali problemi riscontrati sul funzionamento dell’inceneritore di Torino è stato, in varie occasioni, il superamento dei valori limite di mercurio alle emissioni, sovrapponibile con frequenti accessi al pronto soccorso, a causa di patologie cardiorespiratorie.
I soggetti più colpiti riguardano quasi tutte le fasce di età e la maggior parte di loro sono di pertinenza residenti a Torino. Lo studio, effettuato dall’Arpa stessa di Torino, ha dimostrato che man mano che aumenta l’età degli individui aumentano pure i ricoveri ospedalieri.
Inoltre, tutti gli studi effettuati dai migliori epidemiologi italiani nelle sedi ove esiste un termovalorizzatore, documentano un incremento dei tumori (vedi studi scientifici di Comba et alii.,).
Sono tante le sostanze cancerogene e mutagene che vengono emesse da un termovalorizzatore. Ma per essere breve, vorrei soffermarmi soltanto su due rischi ben conosciuti e provati oltre ogni ragionevole dubbio.
Il primo riguarda la diossina, la cui emissione viene ormai ammessa anche da coloro che in origine ne negavano la presenza. E questa sostanza, altamente cancerogena e mutagena del sistema endocrino, non viene rilevata dall’Arpa di Torino.
La diossina, per i non addetti, è un inquinante stabile, che tende ad accumularsi nel terreno e nel nostro organismo. I danni della diossina sono noti e basti ricordare che, una volta assorbita, non basta il resto della vita per liberarsene. Le donne se ne liberano, purtroppo, con l’allattamento. L’uomo, mai!
Il secondo rischio, che viene negato anche di fronte all’evidenza, è quello delle nanopolveri, che vengono prodotte dagli inceneritori, ma che non vengono controllate, perché la loro ricerca non è prevista dalla legge, che richiede soltanto il dosaggio delle polveri più grossolane comunemente conosciute come PM10.
Va subito detto che non c’è nessun filtro in grado di fermare le polveri di dimensione inferiore a PM2,5 e che queste sono in grado di penetrare nel nostro organismo e di raggiungere, attraverso il sangue, tutti i nostri organi.
Il primo effetto lesivo delle nano-polveri si manifesta già nel sangue dove, comportandosi come corpi estranei, determinano la produzione di fibrina e conseguentemente la formazione di trombi, che possono causate trombosi e infarti.
Di seguito le nanopolveri posso raggiungere gli altri organi e insinuarsi persino all’interno del nucleo delle cellule. Si deve tenere presente che queste nanopolveri non sono biocompatibili né biodegradabili, si comportano da corpi estranei e possono causare alle nostre cellule soltanto danni, che si possono tradurre anche in tumori.
Qualcuno vi dirà che non è dimostrato che le nanoparticelle possano causare tumori, ma se pensa che queste polveri di dimensioni infinitesimali sono spesso composte da cromo, cadmio, nichel, arsenico, amianto, mercurio ed altre sostanze notoriamente tossiche e cancerogene ci accorgeremo che ci dicono un’altra bugia.
Si deve sapere che un progetto di ricerca della Commissione Europea, che si chiama ExternE (Externalities of Energy), ha quantificato in modo molto preciso i costi dei danni all’ambiente ed alla salute pubblica derivanti da una qualunque fonte emissiva.
Questi costi, in Europa, sono attualmente valutati da 3 a 5 volte meno che negli USA, ma è importante che venga riconosciuto che una raffineria, una centrale elettrica, una discarica, un inceneritore, un cementificio, ecc. provocano danni, che hanno, oltre ad un costo in termini di sofferenza, anche costi economici ben quantificabili.
Nel 2003 il Politecnico di Torino ha redatto uno studio sui costi in euro delle malattie previste subito dopo l’accensione di questo impianto e come si evince dai risultati, i casi e i costi per le cure del cancro sono i più cari da affrontare.
L’analisi dell’ISDE sulle unghie dei bambini residenti nei dintorni dell’impianto di Torino – Gerbido ha evidenziato un forte aumento di sostanze tossiche dopo l’accensione dell’inceneritore.
Un papà ha dichiarato che le analisi hanno evidenziato nelle unghie di suo figlio «+200% di allumino, +1000% di arsenico, +50% di cromo, +100% di vanadio, ma ci sono anche percentuali di uranio, torio, selenio, nichel, antimonio e tallio».
Una mamma ha dichiarato che secondo le analisi fornite dall’ISDE «nelle unghie di sua figlia sono stati ritrovati 70 mg di mercurio, 120 mg di alluminio, 3,9 mg di bario» (http://www.carp-ambiente-rifiuti.org/?q=node/1835).
La regione Sicilia dovrebbe aggiornare il piano sui rifiuti dando la priorità a un ulteriore sviluppo dei regimi di raccolta differenziata e delle infrastrutture di riciclaggio conformemente alla normativa dell’UE.
Un’alternativa all’incenerimento é il trattamento meccanico biologico (TMB).
Gli impianti di TMB, un processo di trattamento dei rifiuti a freddo, attraverso la separazione del rifiuto residuale in due parti, una frazione umida e una secca, hanno trattato, nel 2016 (secondo i dati Ispra, 2017) quasi 9,8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati (identificati con il codice CER 200301), 154 mila tonnellate di altre frazioni merceologiche di rifiuti urbani, poco meno di 900 mila tonnellate di rifiuti provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani e 120 mila tonnellate di rifiuti speciali.
Quindi, mi chiedo, e propongo ai sindaci del quadrilatero industriale siracusano, in particolare al sindaco di Priolo, dott. Pippo Gianni, perché non trasformarela ex Cogema in un TMB? E se poi questo impianto fosse dotato di un Centro di ricerca (già presente a Melilli) che una volta individuati oggetti, materiali e imballaggi inquinanti e non riciclabili spingesse i produttori a progettazioni alternative in grado di ridurre ancor più il ricorso alla discarica (rifiuti zero entro il 2020), i risultati non sarebbero ancora più sostenibili sia in termini di impatto ambientale che economici? Ovviamente, il tutto, previa una attenta raccolta differenziata spinta e porta a porta.
Cordialità
Dott. Mara Nicotra
Ricercatore esperto in problematiche e politiche ambientali sostenibili

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