Al signor sindaco del comune di Melilli
Giuseppe Carta
All’ufficio rifiuti del Consorzio Libero di Siracusa

L’attenzione verso l’ambiente che registriamo nella provincia di Siracusa oggi si concentra in particolare sul fenomeno della cattiva qualità dell’aria e sulle numerose discariche presenti sul territorio, le quali hanno compromesso falde acquifere e pozzi di acqua potabile dei paesi costieri che si affacciano sul Golfo di Augusta.
Del fenomeno dell’inquinamento dell’aria, dei suoli e dell’acqua, se ne parla oramai da tanto tempo ma il problema è ancora irrisolto, nonostante studi scientifici accreditati dimostrino quanti rischi esistono dietro tutto ciò, soprattutto dal punto di vista della salute umana.
Il quadro normativo vigente, sicuramente, non appare adeguato a rispondere a problemi come quelli degli odori molesti di origine industriale che quotidianamente respiriamo nella nostra provincia per la mancanza, certamente, di un piano di risanamento regionale, inerente il controllo delle emissioni di picchi orari giornalieri di sostanze cancerogene e mutagene; né aiutano i ritardi e gli imbrogli che ci sono stati e continuano ad esserci per sboccare i finanziamenti ministeriali e regionali delle bonifiche del Sin di Priolo e delle discariche abusive di rifiuti tossici e nocivi abbondantemente presenti tra Augusta e Melilli.
È il caso di parlare della vicenda del Comune di Melilli, rappresentato da ben 18 discariche di rifiuti solidi urbani (RSU), quasi tutte inattive, e discariche di rifiuti speciali pericolosi (RSP), purtroppo, ancora attive.
Secondo il censimento effettuato dalla regione siciliana, la maggior parte delle discariche pericolose attive sono concentrate a Villasmundo in c.da Petraro (in prossimità di abitazioni e di un parco archeologico -naturalistico) e a Melilli in contrada Bagali, vicinori ad abitazioni e pascoli.
Per quanto concerne quelle di Villasmundo, le discariche attive ritenute pericolose sono: “Smari” e “Cisma”, mentre a Melilli, riscontriamo le discariche: “Aprile” e l’altra “Cisma”, quest’ultima nota per il traffico di rifiuti illeciti proveniente da tutta Italia, tanto per intenderci, ci hanno smaltito persino il polverino dell’Ilva di Taranto.
Secondo i dati della Commissione parlamentare di inchiesta (anno 2000 e successivi): “la discarica Aprile e le discariche Cisma di Villasmundo e di Melilli non sono a norma. Il trattamento e smaltimento dei rifiuti pericolosi di origine industriale viene gestito nella violazione di molte norme di legge, sia in materia ambientale che di sicurezza sul lavoro”. Ciò nonostante, questi 4 siti, dichiarati “Contaminati”, sono aree, i cui bacini di conferimento rifiuti risultano ancora in funzione.
La cosa insolita è che l’ampliamento di tali bacini è sempre passato inosservato agli occhi delle precedenti amministrazioni comunali e probabilmente tra le connivenze degli stessi. Complice anche la regione siciliana poiché non ha mai attuato ne aggiornato il piano di smaltimento. La modalità «normale» di governo del problema è stata quella dell’autorizzazione di discariche in emergenza ai sensi dell’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 nonostante l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi).
I decreti assessoriali regionali impongono tutt’ora di interrare qualsiasi rifiuto in discarica anche se questa non è idonea a smaltire determinate categorie di rifiuto.
Ma possibile che non abbiamo mai avuto un piano rifiuti regionale come si deve? La scusa che la Sicilia è in emergenza ormai è legenda per gli allocchi. E quella che un comune non sa controllare il proprio territorio è una bugia quanto una casa.
Da cittadina melillese mi chiedo: “ma se queste 4 discariche pericolose del nostro territorio sono state inserite in un piano di bonifica è evidente che hanno inquinato le falde acquifere e che rappresentano un pericolo per la popolazione e animali da pascolo. Quindi, già sature di rifiuti nocivi, e se non risultano a norma, come mai non sono state chiuse? Addirittura per alcune di loro la regione ha stanziato finanziamenti, fissato date inizio lavori e scadenze per la caratterizzazione e messa in sicurezza. Ma ad oggi un intervento non è stato mai fatto. Testimoni gli abitanti di quelle contrade (il Comitato).
Sulla gazzetta ufficiale della repubblica italiana del 18/05/2016-serie generale n. 115, si evince che, per la Caratterizzazione della discarica “Corvo” di Villasmundo (frazione Melilli) sono stati impiegati € 69.066,64, peccato però che i lavori sono scaduti a Febbraio 2016.
Mentre, per la Caratterizzazione della discarica “Belluzza” di Melilli (SR) si è liquidato un saldo di € 75.414,72 a Febbraio 2016, mi chiedo, ma a chi?
Infine, per la Messa in sicurezza d’emergenza della discarica “Andolina” di Melilli sono stati erogati € 200.000,00, l’inizio lavori previsto è stato maggio 2016, e si doveva concludere a dicembre 2016. Ma, a quanto pare i lavori di bonifica non sono mai iniziati per nessuna di queste discariche.
Ma se così è, dove sono finiti i finanziamenti stanziati per la bonifica di queste discariche?
Di chi sono le responsabilità di questi interventi di bonifica non realizzati alla scadenza prevista? E Chi sarebbero le eventuali società di bonifica?
Gli articoli dal 195 al 198 del T.U.A. (Testo Unico Ambientale) recitano che: ai Liberi Consorzi (già Provincia) spetta il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti. Ai Comuni, l’art. 198 comma 4, attribuisce il compito di esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.
E mentre le nuove amministrazioni discutono tra loro su come esercitare una politica ambientale sostenibile, la popolazione di Melilli continua ad ammalarsi di cancro per via della diffusione di molecole mimetiche cancerogene in grado di interferire pesantemente sullo sviluppo neuro-endocrino dell’embrione, del feto e del bambino, producendo danni gravissimi al DNA (dott. Burgio).
Da anni, ecologi, epidemiologi, pediatri e uomini di chiesa, denunciamo l’accumulo di sostanze tossiche nella biosfera e gridiamo alle istituzioni l’incremento drammatico delle morti per cancro, delle malformazioni neonatali nelle aree di Augusta e Gela, evidentemente connesse alle emissioni di veleni degli impianti petrolchimici/petroliferi/discariche e inceneritori, sostanze inquinanti che, diffondendosi nei vari ecosistemi (dall’aria al suolo alle falde al mare) e penetrando nella catena alimentare, determinano a breve/medio/lungo termine (perché non sono biodegradabili) la modifica dei geni presenti nel nostro DNA.
I dati del Centro Nascite di Augusta (dott. Giacinto Franco), ad esempio, dimostrano un incremento progressivo e continuo del numero dei nati con difetti congeniti: si passa infatti dall’ 1,5% degli anni ’80, a un 3% nei primi anni ’90, a un 3,5% nel ‘96-‘97-’98 e ad un eloquente 5,6% del 2000 (e i dati di Gela sono sovrapponibili).
Per non contare i casi di interruzione di gravidanza e i morti di cancro, ogni 28 del mese officiati da Don Palmiro Prisutto nella chiesa Madre di Augusta.
Malformazioni neonatali si sono riscontrate anche in alcune specie ittiche catturate nella rada di Augusta. I risultati delle analisi, condotte dalla sottoscritta e Università di Catania, ci indicano che tali alterazioni verificatesi a carico della colonna vertebrale sono legate alla presenza eccessiva di metalli pesanti come mercurio, cadmio, piombo, arsenico (Nicotra et alii, 2007), zinco. Tali metalli li ho riscontrati, insieme agli idrocarburi, nei sedimenti marini della rada stessa (Nicotra, 2007), non a caso, la rada, è dal 2005 che è in attesa di bonifica.
Nell’accordo di programma vennero stanziati 775 milioni di euro. Circa 200 milioni di euro dovevano essere sborsati dalle industrie inquinatrici del petrolchimico siracusano, e altri 200 milioni di euro dalla regione siciliana.
Gli interventi financo effettuati hanno riguardato la caratterizzazione e la messa in sicurezza di alcune falde acquifere. La bonifica è ancora lontana, forse impossibile.
Dalla consultazione del rapporto SENTIERI – “Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento: Mortalità, Incidenza Oncologica e Ricoveri Ospedalieri” e del Rapporto 2012 sullo “Stato di salute nelle della popolazione residente nelle aree a rischio ambientale e nei siti di interesse nazionale per le bonifiche della Sicilia” si constata come in questa area della regione siano evidenti condizioni di alterazione dello salute per alcune categorie diagnostiche a “componente multifattoriale tipiche delle aree dove prevalgono le esposizioni di tipo professionale o quelle dovute alla presenza di impianti industriali”.
Nello specifico, nell’area di Melilli sono stati rilevati per gli uomini valori anomali di casi di tumore della pleura, di malattie respiratorie acute negli uomini, ed aumenti di ricoveri ospedalieri per tumori polmonari e per patologie a carico dell’apparato circolatorio e respiratorio. Le donne, invece mostrano una frequenza più elevata rispetto all’atteso per alcune sedi oncologiche (es. fegato), per cause circolatorie, respiratorie, dell’apparato digerente e renale.
Ma quando andremo verso una politica ambientale ecosostenibile? Quando sapremo migliorare la nostra qualità della vita? Per colpa di pochi non possiamo pagare le spese anche in termini di salute solo noi cittadini.
I privati inquinatori la fanno sempre franca, nonostante, la valutazione del risarcimento per danno all’ambiente in Italia trova fondamento e legittimazione dall’art. 18 della Legge n. 349/86 che recita: “Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato”.

Dott. ssa Mara Nicotra
ricercatore esperto in problematiche e politiche ambientali

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