A sera, dopo un lavoro durato tutto il giorno, i numeri vengono inseriti nelle tabelle. Quelle che fanno la radiografia all’economia. Spetta ai tecnici del Tesoro dare forma alle decisioni maturate la notte prima, durante un vertice di maggioranza guidato da Roberto Gualtieri. Eccoli i numeri del Documento di economia e finanza, la radiografia appunto: Pil -8%, deficit a +10,4%, rapporto debito/Pil al 155,7 per cento. Questi numeri dicono che l’Italia è dilaniata dal virus. La nuova cura è pronta: sono i 55 miliardi del decreto aprile. Ma è quel “parecchi mesi” che viene indicato nella bozza del documento come l’orizzonte temporale della crisi a dire che i danni sono già allo stato della stratificazione. E che servirà molto di più.
I numeri/1. Cosa dice il crollo del Pil
L’asticella per quest’anno, come si diceva, è collocata a -8 per cento. Ma bisogna mettere la lente di ingrandimento sull’andamento dei prossimi mesi per capire quanto è stretto il sentiero in cui sarà costretta a muoversi la strategia economica del governo. Perché se a marzo si è registrato “il più forte calo congiunturale”, il lockdown sta facendo malissimo anche ad aprile. Il conto è impietoso. Ancora i numeri. La contrazione del Pil tra aprile e giugno sarà del 10,5 per cento. Un’ecatombe. Il rimbalzo inizierà solo da luglio e comunque a fine anno, quando si tirerà la linea, il confronto con la già anemica crescita di dodici mesi fa sarà altrettanto impietoso. L’ultimo trimestre del 2020, infatti, si chiuderà con un livello inferiore del 3,7% rispetto allo stesso periodo del 2019. Tradotti in soldi che andranno in fumo, la perdita di Pil sarà di oltre 126 miliardi.
E poi c’è una considerazione che non è numerica, ma che è altrettanto indicativa del fatto che la crisi morderà ferocemente nei mesi a venire. Sempre la bozza del Def: “L’economia dovrà probabilmente operare in regime di distanziamento sociale e rigorosi protocolli di sicurezza per alcuni trimestri”.
Il rimbalzo positivo arriverà solo nel 2021, con il Pil a +4,7%, ma da qui al 2021 ci sono molte incognite. A iniziare dalla possibilità di uno scenario avverso, quello di una seconda ondata di contagi dopo la riapertura. Se così fosse, l’inizio della ripresa slitterebbe al secondo trimestre del 2021 e un recupero maggiore arriverebbe solo nel 2022.
I numeri/2. Servono soldi (e tanti): il deficit schizza al 10,4%. E la sfida del debito è rimandata al prossimo decennio
Altro che tetto del 3% o riduzione del debito. Il virus svela anche tutta la fragilità dei conti pubblici. È vero che l’Europa ha congelato le famose regole del Patto di stabilità, ma vale qui la considerazione indicata per il Pil e cioè che lo strascico della crisi sarà pesante. Prendiamo il debito pubblico. Nel Def si sottolinea che è “sostenibile”, ma il rapporto debito/Pil intanto salirà quest’anno al 155,7 per cento. E soprattutto sarà ricondotto verso la media dell’area euro nel prossimo decennio. Dieci anni, un orizzonte lunghissimo.
Il deficit, invece, sfonderà quota 10%, arrivando a +10,4 per cento. È l’effetto dei soldi che sono stati impiegati per il Cura Italia di marzo e di quelli che saranno stanziati con il decreto di aprile, ma questo valore dice anche che il rigonfiamento sarà ancora più grande perché già oggi si stima che serviranno tanti altri soldi per affrontare la crisi.
Ecco il decreto di fine aprile. Tutte le misure
Il provvedimento conterrà 55 miliardi di soldi freschi. È questo il numero che è stato inserito nella relazione di scostamento del deficit che sarà approvata al Consiglio dei ministri di venerdì mattina insieme al Def. A questi 55 miliardi si aggiungono 30 miliardi per le garanzie statali sui prestiti alle imprese e 50 miliardi per il Fondo Cdp che servirà a proteggere e risollevare le aziende strategiche.
I soldi saranno utilizzati per una molteplicità di interventi, a iniziare dal rifinanziamento della cassa integrazione per i lavoratori dipendenti: sarà prorogata per altre nove settimane. Il bonus per gli autonomi sarà portato da 600 a 800 euro: l’importo sarà garantito ad aprile e a maggio. Per colf e badanti, escluse dal Cura Italia, ci sarà un’indennità: 200 euro se lavorano part-time, 400 euro se hanno un contratto full time. I voucher per la baby sitter e i congedi parentali saranno anche loro rifinanziati. Il reddito di emergenza avrà un importo medio di 500 euro.
Dopo il braccio di ferro tra i 5 stelle e Gualtieri, i ristori per le piccole e medie imprese danneggiate dal virus saranno pari a 8 miliardi. Da dare subito: saranno soldi a fondo perduto. Altri due miliardi, sempre alle imprese, sotto forma di aiuti per bollette e affitti. Ai Comuni e alle Province andranno 6,1 miliardi. Quattro miliardi alla Protezione civile e alla sanità. Ci sarà anche il rinvio per la sugar tax e per la tassa sulla plastica.
Si decide anche di fermare le clausole di salvaguardia sull’Iva, quel macigno che dal 2011 grava su ogni manovra. Sono impegni miliardari che finiscono per sottrarre risorse ingenti alle necessità del Paese reale. Basta ricordare cosa è successo con l’ultima legge di bilancio, dove quasi tutti i soldi sono stati prosciugati proprio per sterilizzare le clausole. Solo l’anno prossimo avrebbero avuto un peso di 20,1 miliardi. Si volta pagina: clausole cancellate per il prossimo anno e anche per quelli a venire.
Quel vertice notturno al Tesoro che ha sbloccato la partita
La parola fine è stata scritta a via XX settembre tra mercoledì e giovedì. All’una e mezza di notte. Si è arrivati alla videoconferenza di maggioranza in un clima di tensione. Perché per tutta la giornata di mercoledì, i 5 stelle avevano alzato la posta in gioco, chiedendo più soldi per i ristori alle imprese e per il reddito di emergenza.
E così, in piena notte, si sono ritrovati a discutere Gualtieri, la sua vice in quota 5 stelle Laura Castelli, l’altro viceministro dell’Economia Antonio Misiani, in quota dem. C’erano anche il Ragioniere generale dello Stato, il direttore generale del debito pubblico, il capo della segreteria tecnica, il direttore generale delle Finanze e una serie di consulenti. Presenti pure Luigi Marattin per Italia Viva e Cecilia Guerra per Leu perché serviva il via libera di tutte le anime della maggioranza. La trattativa è andata avanti per ore, partendo proprio dal valore dello scostamento, da fissare tra 50 e 55 miliardi. Un numero che tiene nella pancia le misure del decreto di aprile. È qui che si è iniziato a parlare dei soldi da dare alle piccole e medie imprese. Il ministro dell’Economia ha frenato per un po’, poi si è arrivati a una mediazione con i grillini, che inizialmente avevano chiesto 15 miliardi. E poi si è passati a discutere sullo stop alle clausole di salvaguardia. Anche qui Gualtieri si è mostrato restio, ma alla fine si è deciso per la cancellazione. Ancora, il pressing di Italia Viva per inserire un bonus figli indipendentemente dal reddito. Punto rimasto aperto. Come la discussione sulla composizione dettagliata del decreto aprile. Se ne parlerà a una riunione che Giuseppe Conte terrà venerdì mattina con i capi delegazione della maggioranza prima del Consiglio dei ministri. Ma da qui al 30 aprile, quando dovrebbe essere approvato il provvedimento, ci sarà tempo per decidere. E per discutere.
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