Capita spesso dalle nostre parti pensare che la giustizia è in coma, visto e considerato che in un Paese, che è stato la culla del Diritto, faro di civiltà in tutto il mondo, assistiamo, quotidianamente, inerti, alla rivincita delle barbarie. Nel senso che si ha l’impressione che la giustizia rispetto ai tempi del Medioevo e all’800’ si sia fermata a quando i trasporti erano affidati alle carrozze, gli avvocati erano dei parenti prossimi del manzoniano Azzeccagarbugli, i magistrati si collocavano tra i Beati e i Santi e i Tribunali erano pressoché luoghi di culto dove bisognava bardarsi di nere toghe (a più alti livelli di potere: rosse e con la pelliccia di ermellino) per le consuete e relative liturgie, e il malcapitato, che si rivolgeva ad uno di questi luoghi sacri, per avere ragione delle proprie ragioni, era considerato solo un elemento accessorio, ma necessario, sulla testa del quale altri disquisivano con incomprensibili “Latinorum”. Oggi, infatti, rispetto a ieri, non illudiamoci che tutto sia cambiato, perché migliaia di reati commessi, ed, in primis, portati davanti alle stazioni di Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, indagini su indagini, esperite dai militari di turno più o meno in tempi accettabili, trasmessi alle procure locali, nella stragrande maggioranza dei casi purtroppo non vengono portati a termine dai Procuratori di turno per scadenza di termini. Questa è la giustizia italiana. Ma questa è anche la giustizia melillese che possiede un pozzo senza fondo laddove vanno a finire migliaia di indagini portate avanti dalle forze dell’ordine e che trasmesse in procura, non si sa più nulla, non si arriva all’esito, non si condanna nessuno, o solo qualcuno, non si riesce a fare chiarezza. Insomma, un Tribunale che diventa tale, sol perché esiste un grande tempio, ove su tutte le aule campeggia in grande stile:”La legge è uguale per tutti” fa proprio tristezza poiché spesso e volentieri si determina che la legge non è per tutti uguale ma solo è uguale per chi è ricco, per chi può permettersi di affidare le pratiche ad avvocati influenti che riescono a condizionare, qualche volta, anche i magistrati. Brutture e storture del sistema sono davanti agli occhi di tutti, così come molte ovvie soluzioni. Eppure nulla si fa. Perché? Facciamo l’esempio della società mista di Melilli, costituita dal comune stesso nel 2003 con 28 dipendenti e con il 60% di capitale pubblico ed il 40% di capitale privato, ci chiediamo perché è stata messa in liquidazione il 24 marzo del 2011? Se al comune costava solo 85 mila euro mensili con 28 dipendenti a fronte di 145 mila euro mensili dell’IGM, di oggi, costituita tra l’altro da 18 dipendenti, perché è stata messa in liquidazione la società mista? Chi controllava la società mista? Di solito il controllo avviene da parte del socio di maggioranza, in questo caso avrebbe dovuto essere il comune, il Sindaco del tempo. Dunque, tornando indietro nel tempo, possiamo dire che da quando è entrata in funzione la società mista fino all’anno della liquidazione il sindaco era Pippo Sorbello, il quale fu lui a voler creare la società mista, ed è stato sempre lui, a far mettere in liquidazione la società, prima di rimettere il mandato da sindaco nelle mani di Cannata. Si evidenzia ulteriormente che chiusa la società mista, il comune ha affidato in maniera provvisoria l’appalto sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani ad una società privata, la IGM dei Quercioli, e tale provvisorietà si trascina, però, da quasi cinque anni. Intanto, nel passaggio tra società mista ad azienda privata sono stati perduti 10 posti di lavoro, il comune con questo passaggio, da pubblico a privato, paga 145mila euro mensili che moltiplicati per 12 mesi diventano in totale un milione settecentomila euro, contro gli 85mila euro mensili di prima, che in un anno ammontavano a un milione ventimila euro, e per giunta all’azienda IGM è stato concesso la mancata assunzione di quei 10 dipendenti che lavoravano alla società mista, e un servizio di raccolta differenziata che non si fa, che non giova a nessuno e che non ha fatto diminuire e non farà diminuire per niente la Tari.

Ma se il comune con la società mista risparmiava in un anno 720 mila euro perché il sindaco Sorbello nel 2011 liquida la società ed affida la raccolta dei rifiuti ad una società privata pur sapendo che i costi per la sola raccolta dei rifiuti per i cittadini sarebbero aumentati di gran lunga? Mistero. Ed ancora non ci spieghiamo come tra le incongruenze denunciate dai 28 dipendenti della società mista è stato riscontrato che i lavoratori che si erano rivolti ad istituti finanziari, chiedendo prestiti da pagare con la cessione del quinto dello stipendio, si sono ritrovati ad avere avuto le trattenute mensili in busta paga, ma le somme relative non sono mai state versate da parte della società mista alle finanziarie che avevano erogato il prestito ai dipendenti. Allora, si deduce che il comune per non essere coinvolto sulle appropriazioni indebite, sul mancato controllo della società mista, ha deciso di intraprendere la strada più breve che è stata quella di chiederne lo scioglimento della società mista per tentare di uscire dalle responsabilità commesse anche dai vari presidenti della stessa nominati, però, dal socio di maggioranza e cioè dal comune. Certo un grande guazzabuglio nel quale le vere vittime sono risultati i dipendenti che si trovano ad essere dipendenti della IGM con un contratto diverso, rispetto a quello che avevano nella società mista, circa 400 euro in meno al mese continuando ad avere le trattenute in busta paga per poter pagare il debito contratto con le varie finanziarie, debiti accesi nel lontano 2007, che sarebbero scaduti nel 2013, e che invece continueranno ad esistere fino al 2020. E i consiglieri dell’opposizione che cosa hanno fatto? Sono stati alla finestra? Si sono interessati del caso? Hanno difeso i lavoratori?

Lo abbiamo chiesto al consigliere Antonio Annino, che così ci risponde: “Io ho cominciato ad interessarmi della società mista fin dal 2009, quando alcuni dipendenti mi coinvolsero, poiché si lamentavano e dopo aver contratto prestiti con finanziarie attraverso la cessione del quinto dello stipendio scoprono, che le trattenute in busta paga ci sono, ma il corrispettivo non viene trasmesso alle società che avevano erogato i prestiti, nonostante l’impegno assunto dall’amministratore della società mista”.

In concreto il suo intervento in che cosa è consistito?

Mi ricordo che mi recai dal Segretario comunale chiedendo spiegazioni, e comunicai che volevo fare un’ispezione all’interno della società. Fatto questo, mi resi conto che la società mista non pagava contributi, non pagava tasse. In quella circostanza mi resi conto che una società, in prevalenza costituita con capitale pubblico, agiva con tanta e tale allegria da farmi prendere la decisione di denunciare attraverso articoli di stampa il fatto. In quel tempo riscontrai, ad esempio, affitti per auto compattatori a 10 mila euro mensili, senza colpo ferire, quando al massimo l’affitto poteva essere di 4 mila euro. Con 10 mila euro al mese, in un anno, probabilmente, l’auto compattatore si poteva comprare nuovo ed invece si sperperavano soldi su soldi e che probabilmente intaccavano pure i soldi dei prestiti che i dipendenti avevano contratto. Mentre il comune, socio di maggioranza, continuava a pagare le fatture di affitto per 10 mila euro. Di questo ne ho avuto contezza perché ho visto io le fatture arrivare e pagate”.

In tutta questa vicenda, Sorbello non prendeva posizione?

“Mi ricordo che Sorbello non dava risposte dando l’impressione che la cosa non lo riguardasse, nonostante Sorbello era il Sindaco di Melilli. Mi ricordo pure che in particolare il giornale “La Nota” di Gregorio Valvo fece un articolo circostanziato sulla vicenda e che riuscì a smuovere la Guardia di Finanza di Augusta che mi chiamò per approfondire la vicenda. Mi ricordo pure che quella mattina iniziai a raccontare e dire tutto quello che avevo appurato e che il maresciallo alle ore 12,30, per tutto quello che avevo raccontato mi sembrò sfinito e mi disse che poteva bastare”.

Dopo tutto questo però, la magistratura non ha cavato un ragno dal buco, i dipendenti della ex società mista, oggi IGM, continuano a pagare il prestito contratto per la seconda volta, gli sono stati conteggiati gli interessi sul mancato trasferimento delle trattenute alle finanziarie, si sono persi 10 posti di lavoro, ai dipendenti è stato fatto un contratto di lavoro con almeno 400 euro di meno rispetto a quando lavoravano con la società mista, il costo gravante sul comune è aumentato da 85mila euro mensili, si è passati a 145 mila, la differenziata non è realmente mai partita, mentre la comunità economica europea, se non raggiungiamo a Melilli il 65% entro poco ci multerà, e pertanto la tassa sulla spazzatura l’anno prossimo aumenterà almeno del 100%, il contratto alla IGM continua ad essere rinnovato andando da proroga a proroga. Qualcuno all’interno e forse anche all’esterno della società si è arricchito, l’amministrazione comunale ancora aspetta, non si sa che cosa si deve fare per indire una gara pubblica per l’affidamento, i sindaci revisori dei conti non denunciano nulla, la magistratura non interviene, la Corte dei Conti neanche e così di seguito assistiamo all’impoverimento del bilancio del comune. Un comune alla canna del gas che non riesce più a dare risposte concrete ai bisognosi, ai nuovi poveri, ai giovani costretti a scappare da Melilli, agli anziani indigenti.

Di tutto quello che vi abbiamo appena raccontato, una grossa fetta di melillesi non prova un minimo di indignazione e siamo convinti addirittura che alle prossime elezioni amministrative di Melilli continueranno ancora una volta a premiare gli artefici di tanto disastro. Adesso non ci sono scuse, cambiare si può.

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