Il 23 giugno l’ennesimo consiglio comunale. Tutti presenti tranne Ercole Gallo. Un consiglio comunale che avrebbe potuto far vedere che, anche all’opposizione, se si vuole, si può amministrare, invece il consiglio è stato ancora una volta la fotocopia degli ultimi che si sono susseguiti dal momento in cui i big sono ritornati in consiglio comunale, avendo scontato la sospensione comminatagli dalla legge Severino. Ma perché non li lasciavano fuori? Qualcuno afferma che, questo, non è altro che il risultato elettorale venuto fuori dalle amministrative del 2012. Tutto ciò è il segnale di un grande malessere a Melilli.

E’ cosa risaputa, oramai, che i giornali, le televisioni non parlano altro che di Melilli e dello spettacolo indecente che viene replicato giorno dopo giorno. Melilli è sull’orlo di un fallimento annunciato per colpa dei partiti tradizionali che da molto sono falliti in tutta Italia. A Melilli l’UDC ha fallito perché invece di muovere l’opinione con idee, programmi o progetti per i cittadini, ha preferito legarsi alle clientele, ha manovrato pacchetti di voti, si è compromesso con ambienti ambigui, un partito che si è corrotto perché è sceso (sì, sceso nel senso di “cadere in basso”) a patti con le peggiori anime della città, ed i vassalli del PD hanno lasciato fare, col sistema, con gli elettori, con i venditori ambulanti di voti, quasi gli elettori in questo gioco della democrazia fossero solo vittime oppure nessuno. Difatti, nel nostro discorso e nelle analisi che stiamo cercando di fare per capire Melilli, sembrerebbe che il voto di scambio, anche se truffa, non è un intruso, ma è ormai cultura, un dato di fatto, una scelta della politica, una strategia alternativa a quella delle idee e della legalità.

A Noto, in questi giorni post-elezioni si parla tanto. Circolano voci. Ma saranno vere? E poi … se ne dicono tante … Non si parla certo di voto di scambio, ma si dice di telefoni cellulari, di bollette della luce, di fatture dell’acqua, persino di un semplice caffè. Si dice anche di schede preconfezionate, di promesse di un posto di lavoro (ma dove?)- è possibile? – di 1000 fino a 3000 voti disponibili e acquistabili, offerti, se si vuole, ad ogni elezione, al migliore offerente.

A Melilli, invece, siamo già in campagna elettorale, si parla di una prossima apertura di un grande supermercato all’interno dell’Emmezeta, che guarda caso in prossimità delle prossime amministrative consentirà di raccogliere curricula con la promessa di posti di lavoro, si sa pure che tale operazione sarà resa possibile perché un grosso big della politica melillese sponsorizza l’operazione, così come si dice abbia sponsorizzato con 10.000 euro la gimcana del 10 e 11 luglio prossimo.

Si sta mettendo fieno in cascina, si sta cercando in tutti i modi di crearsi riserve di voti, che ormai è diventata una riserva a singhiozzo della politica: “Voti coi piedi”, di abitanti che vivono nella città come fantasmi, ai margini, spesso al di fuori delle regole per via di un patto siglato anni or sono col diavolo. Patto che rispunta, come una pianta spontanea, ad ogni occasione elettorale. Voti in cambio di lasciar vivere; voti in cambio d’invisibilità.

Uno scambio che, deve sembrar naturale quando la democrazia con le sue regole, con la sua pretesa di giustizia è percepita come secondaria, incomprensibile, superflua, quindi opprimente.

Ma anche voti di miseria, di emarginazione, di elettori per i quali l’esercizio del diritto di voto è una benedizione insperata, un’occasione per ottenere un po’ d’aiuto materiale, barattando sottobanco quell’unica cosa di noi che interessa alla politica: il voto!

Ad ogni elezione, in Italia, in Sicilia, si parla di voto di scambio. Allora la domanda di un cittadino che di questi traffici non ne sa niente, di uno che va a votare perché pensa di esprimere la propria preferenza credendo che la partita non sia truccata, di uno che pensa di esercitare un diritto democratico importante, di uno che pensa che le regole del gioco debbano essere rispettate da tutti, è : ma chi paga ? Nessuno! La risposta è nessuno. Pagano i cittadini, tutta la comunità, io, tu, noi, loro, cioè nessuno.

Che futuro ci sarà a Melilli quando un voto, la democrazia, costa un caffè o uno specchietto del motorino? E verrebbe solo da ridere se non si sapesse che dietro quello specchietto di motorino ci sono montagne di interessi, carriere politiche, permessi, autorizzazioni, appalti milionari: bella “Robba” che i cittadini, spesso, i più giovani pagano caro sulla propria pelle.

Si dice che il voto sia uguale, il mio vale come il tuo. E’ un principio democratico. Ma il voto degli onesti quanto vale? Può avere lo stesso peso di un voto venduto? E poi queste domande sono ancora legittime? Se lo Stato di fronte ad un fatto sociale ormai così diffuso ed evidente dovesse legalizzare la compravendita dei voti, a quanto fisserebbe il prezzo? Lascerebbe fare il libero gioco dell’offerta e della domanda, proprio come adesso, o cercherebbe di guadagnarci qualcosa, magari fissando un monopolio come per le sigarette?

Allora la questione è pubblica ed è aperta: quanto? Quanto? Una pizza, un frigorifero ? Quanto? Un appalto? Una promessa di paradiso? Quanto?………

 

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