Uno studio svela che da una cagna abbandonata in sette anni si possono ricavare ben 67mila cuccioli. La soluzione per sconfiggere il sovraffollamento di cani ci sarebbe. E’ semplice, efficace ed è prevista dalla legge: la sterilizzazione degli animali. Ma né i Comuni né le Asl l’hanno applicata. Si preferisce creare migliaia di canili che hanno un costo enorme per la comunità, non risolvono il problema e finiscono per aggravarlo. In nome del denaro che favorisce un po’ tutti, dal pubblico al privato, passando per le pseudo associazioni intitolate genericamente “amici degli animali“. Qualcuno sa spiegarci perché il randagismo seguita ad essere una piaga della società contemporanea? Come una malattia invasiva si rigenera da sé. Eppure la soluzione è talmente ovvia: “Contenere decisamente le nascite”. Invece, la maggior parte dei paesi sterilizza senza convinzione, lasciando animali vaganti che seguitano a moltiplicarsi.

Ventiquattro anni fa l’Italia con una legge quadro civile e rara, la 281/91, vietò di sopprimere i randagi vietando pure di destinarli alla vivisezione. La legge, infatti, fece si che la missione possibile fosse debellare il randagismo attraverso sterilizzazioni a cura delle Asl, nonché l’educazione dei proprietari alla medesima pratica. Ma la norma fu subito disattesa al punto di favorire incontrollabili movimentazioni di animali, battaglie feroci per ottenere la loro amministrazione diretta, un sistema lucrativo e corrotto, dove, oggi più che mai, l’ultimo aspetto è considerare  il benessere dei quattro zampe.

Uno studio condotto  dell’americana Doris Day Animal League ha stabilito che, per ogni cane senzatetto che trovi casa ne nascono altri cento, mille. Infatti lo studio asserisce che un cane femmina vagante e non sterilizzato sia soggetto a una media di due parti l’anno, otto cuccioli ogni volta di cui almeno quattro femmine, se non di più, che in cinque anni portano a 4.372 cani, pronti, in sette, a diventare 67 mila. Ma nel frattempo, anziché agire di conseguenza, comuni e Asl  (responsabili e garanti legali dei randagi) rivaleggiano per sbarazzarsene, pronti a imboccare qualsiasi scorciatoia si prospetti. Non vanno incontro a epurazioni ufficiali di massa, i nostri animali, ma a crudeltà, traffici, movimentazioni e lauti interessi.

Ed infatti, la lotta ad accaparrarsi la gestione di canili e rifugi in convenzione, finanziati con fondi pubblici, è senza quartiere, e c’è chi oggi denuncia vizi nelle gare d’appalto. I soldi sono parecchi, stanziati perlopiù dalle amministrazioni locali. Fino a pochi anni fa comunità montane, unioni dei comuni e associazioni protezionistiche ricevevano cifre importanti anche dal ministero della Salute che (nel triennio 91-93) stanziava cinque miliardi di lire, trasformati in cinque milioni di euro fra il 2005 e il 2010,  nel 2014 però sono state ridotte al simbolico importo globale di trecentomila euro ed è da qui che cominciano i guai per i comuni.

Chi scrive è stato ed è un animalista convinto, pronto ad alzare le mani contro chi vede maltrattare un cane, ma allo stesso modo si indigna se si accorge che la gestione di un canile diventa un grande business per i gestori, che piuttosto che favorire l’affidamento di un cane ricoverato, abbassando così il numero dei cani ricoverati, fa di tutto per scoraggiarne l’adozione, tanto il comune munifico, e Melilli è uno di questi, scuce dal bilancio comunale 600mila euro all’anno, e si vocifera pure che, con l’anno nuovo la convenzione lieviterà di altri 100mila euro.

La cosa che fa più rabbia è assistere allo sperpero incontrastato di soldi pubblici, quando è noto a tutti che, un canile collocato in una piccola cittadina di neanche 15 mila abitanti dovrebbe costare al massimo, non più di 120mila euro per anno. La prova inconfutabile di quello che affermiamo ci viene fornita dal comune di Genova che, proprio in questi giorni ha indetto il bando per la gestione del canile per tre anni ad un costo globale di 600 mila euro, quindi 200mila euro per anno. Solo che il comune di Genova ha 623mila abitanti, mentre Melilli di abitanti ne ha solo 14mila. Non c’è  che dire. La cosa che più salta agli occhi è constatare la considerazione che questa amministrazione ha nei confronti degli anziani, avendo previsto nel bilancio  comunale 2015 solo 200mila euro per l’assistenza domiciliare, contro le 600 mila euro per il canile.

Andando avanti di questo passo a Melilli gli amministratori vorrebbero dimostrare che i melillesi hanno l’anello al naso. Non ci sono soldi per illuminare le strade delle frazioni, non ci sono fondi per rendere vivibili alcune scuole come quelle di Villasmundo, si rischia di perdere il finanziamento del tensostatico per Città Giardino, non si hanno i soldi per affidare il servizio autobus decente  a Città Giardino per accompagnare i ragazzi nelle scuole siracusane.

L’amministrazione non riesce a dare risposte alle persone indigenti, ma    nonostante ciò vengono sperperate risorse senza un minimo controllo e senza trovare uno straccio di soluzione che possa far abbassare i costi di gestione del canile.

Commenti

commenti

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata